Potrebbe contenere errori

Quindici anni fa, tutto questo era rurale e non c'erano barriere da porre. Internet ci sorprese con un modo immediato, semplice e gratuito di fruire di artefatti culturali, e un oceano di persone che fino ad allora avevano risparmiato per comprare CD e andavano volentieri al videonoleggio locale, da un giorno all'altro condivisero la visione di una nuova era in cui tutto ciò che rientrava nella definizione di "cultura" sarebbe stato immediatamente, universalmente e liberamente accessibile. Questo era il principio guida, e tutte le altre realtà avrebbero dovuto trasformarsi o perire di conseguenza. Una piccola impresa e un gruppo aziendale avevano esattamente la stessa responsabilità quando si trattava di aggiornare il proprio modello di business, anche se era ovvio chi dei due avesse le risorse per farlo. Il mainstream rimase lo stesso, con qualche graffio, ma la produzione indipendente continuò a diventare più precaria , riducendo l'accesso alle professioni creative a chiunque avesse un buon margine finanziario familiare. Ma per i guru di allora, queste diversità non facevano parte del dibattito perché la cultura era una promessa mantenuta in massa, tutta in una volta e allo stesso prezzo. La responsabilità con cui si sceglieva di acquistare un'opera vera invece di una copia meccanizzata non esisteva più perché entrambi erano già inclusi in un deposito di contenuti che ci apparteneva già di diritto.
Il termine Google Zero , coniato da Nilay Patel, direttore di The Verge , si riferisce alla crescente scomparsa del traffico un tempo distribuito dal motore di ricerca più utilizzato al mondo. Oggi, ogni ricerca su Google riceve una risposta generata dall'intelligenza artificiale che riassume il contenuto di altri siti web. Sebbene le clausole scritte in piccolo avvertano che il testo risultante potrebbe essere errato , più della metà degli utenti non vede la necessità di visitare i siti originali, che finiscono per essere relegati al ruolo di fonte di contenuti da perfezionare. Tutto ciò si traduce in un danno all'ecosistema digitale che, ancora una volta, non riesce a distinguere le piccole imprese dai gruppi aziendali.
Ma se Google finisse per strangolare tutti i media a sua portata, dove troverebbe le informazioni necessarie per alimentare la sua intelligenza artificiale? Non credo sia irragionevole immaginare che, a quel punto, Google Press esisterà già, una rete globale di agenzie e redazioni dedicate alla missione di fornire informazioni costanti e aggiornate a un'unica interfaccia. Una finestra a cui qualsiasi cittadino del pianeta Terra può guardare in qualsiasi momento e chiedere, con sicurezza: "Cosa è successo?"
Con fiducia, perché in questo futuro la risposta non è più impeccabile. È perfetta come il silenzio di un albero che cade.
elmundo