I datacenter troppo energivori? Mettiamoli sott’acqua. La sperimentazione a Shanghai


foto Ansa
Dalla cina
Il sistema sviluppato da HiCloud taglierebbe del 30 per cento il consumo energetico. La Cina punta a costruire cento unità sottomarine entro il 2027, con investimenti di 880 milioni di dollari concentrati nelle regioni costiere di Guangdong e Hainan
Sullo stesso argomento:
Guilin, Cina. Mentre il mondo dell’AI cerca soluzioni per ridurre l’impatto ecologico dei datacenter, Shanghai si presenta al tavolo con un megaprogetto radicale: metterli in fondo al mare. Il sistema, sviluppato da HiCloud, taglierebbe del 30 per cento il consumo energetico rispetto ai datacenter tradizionali e sarà alimentato al 97 per cento da energia eolica offshore. Tecnicamente, si tratta di capsule sottomarine lunghe 18 metri e larghe 3,6, immerse a 30-35 metri di profondità, capaci di ospitare fino a 400 server ciascuna, raffreddati direttamente dall’acqua marina. La prima fase del progetto, prevista come operativa già a settembre 2025, avrà una potenza di 2,3 megawatt, sufficiente per addestrare un modello come GPT 3.5 di OpenAi in meno di una giornata, mentre nella seconda fase, entro il 2026, raggiungerà i 24 megawatt. I moduli sono progettati per un orizzonte temporale di venticinque anni di vita operativa, con interventi minimi grazie all’ambiente stabile, reso possibile dall’ideale triplice assenza di polvere, vibrazioni e, anche se può sembrare ironico dirlo, umidità.
L’iniziativa di Shanghai non è isolata: fa parte del più ampio piano “Eastern Data and Western Computing” di diverse agenzie governative, che mira a ridistribuire le risorse computazionali tra le regioni cinesi. La Cina punta a costruire cento unità sottomarine entro il 2027, con investimenti di 880 milioni di dollari concentrati nelle regioni costiere di Guangdong e Hainan. Il progetto si inserisce nel contesto della corsa cinese all’autosufficienza tecnologica, che vede Shanghai già protagonista grazie a istituti come l’AI Innovation Hub e lo Shanghai Institute for Advanced Studies in AI, finanziati dal governo, per ridurre la dipendenza dai chip occidentali. Un regime di autocrazia imposto come necessario dal Partito comunista cinese a seguito delle sanzioni americane contro trentuno aziende di super computing nel 2023. Che l’aria fosse cambiata se ne era accorta d’altronde anche Microsoft, che ha chiuso il suo centro di ricerca avanzata a Shanghai nel 2024, dopo aver cancellato anche un simile progetto di raffreddamento sottomarino – nome in codice Natick – al largo della Scozia.
Come spesso succede, la Cina non inventa, ma ottimizza le invenzioni altrui. I vantaggi dell’iniziativa sono chiari: stabilità termica, minima manutenzione (grazie all’azoto che riduce l’ossidazione) e risparmi idrici cruciali in un paese dove i datacenter terrestri consumano milioni di litri d’acqua al giorno. Ma non mancano i rischi: un aumento locale della temperatura marina fino a un ulteriore grado celsius, oltre al trend globale di riscaldamento generale dei mari, potrebbe alterare permanentemente gli ecosistemi. Uno studio dell’Università della Florida dimostra inoltre che delle onde acustiche subacquee potrebbero danneggiare fisicamente i server. Le criticità toccano anche il lato logistico, dato che, in caso di necessità, il recupero di un modulo in mare richiede da un minimo di quattro a un massimo di sedici ore, un limite che diventa critico nel caso di operazioni di manutenzione urgenti.
La posta in gioco è alta, ma per raggiungere il suo obiettivo Pechino non potrà prescindere da una filiera autonoma per i chip avanzati, che ancora oggi è una chimera per il Partito. Se il modello avrà successo, è indubbio che potrebbe però cambiare significativamente il modello di sviluppo delle tecnologie AI, offrendo alla Cina un vantaggio nella guerra tecnologica globale, così come nella narrativa green tech. Intanto, il mondo guarda con interesse alla sperimentazione: Corea del sud, Giappone e Singapore stanno già esplorando soluzioni simili, mentre l’America resta cauta, preferendo delocalizzare i flussi di dati verso hub come l’isola di Guam.
Di più su questi argomenti:
ilmanifesto