I 48 geni che ci fanno balbettare

C’è una base genetica per i disturbi del linguaggio. A mostrarla chiaramente, per la prima volta, è uno studio pubblicato oggi su Nature Genetics, che ha identificato 48 geni associati alla balbuzie, e che rivela una "architettura genetica” che potrebbe essere condivisa con altre condizioni o malattie, tra cui l’autismo e la depressione, e con caratteristiche come la musicalità (intesa qui come la base neurocognitiva del comportamento e dell'azione motoria legati alla musica). La ricerca, condotta dal Vanderbilt Genetics Institute di Nashville (Tennessee, Usa) è la più estesa indagine genetica eseguita ad oggi in questo ambito, e ha utilizzato le informazioni di oltre un milione di persone che in passato avevano fatto analizzare il proprio Dna dall’azienda americana 23andMe (una delle prime e tra le più note ad offrire sul mercato questo tipo di servizio).
Che cos’è la balbuzie e chi colpisceLa balbuzie è definita come un'alterazione del normale flusso verbale, caratterizzato dalle cosiddette disfluenze – ossia il blocco o la ripetizione delle sillabe e il prolungamento dei suoni – causate da spasmi intermittenti. Si tratta del disturbo della comunicazione verbale più comune: si stima che nel mondo lo presentino 400 milioni di persone: esordisce di norma tra i 2 e i 5 anni (con la stessa frequenza in entrambi i sessi), e in circa l’80% dei bambini sparisce completamente durante la crescita. Questo, però, accade soprattutto nelle femmine, tanto che negli adolescenti e negli adulti la balbuzie è molto più frequente tra i maschi, con un rapporto di 4 a 1.
Le cause (sconosciute) della balbuzieNonostante la sua elevata frequenza, lo stigma e le conseguenze che si porta dietro - aumento del rischio di bullismo nei bambini e nei ragazzi, minore partecipazione alla vita scolastica, discriminazioni e minori opportunità di lavoro per gli adulti - le cause sono ancora poco note: “Il perché qualcuno balbetti è un mistero assoluto - dice Jennifer Below, direttrice del Vanderbilt Genetics Institute e coordinatrice dello studio - E questo vale per la maggior parte delle patologie del linguaggio e della parola”. In particolare, sulle cause delle balbuzie, scontiamo secoli di concezioni errate e false credenze, fa notare la ricercatrice: dall’essere mancini ai traumi infantili, al rapporto con i genitori. “Il nostro studio, invece, dimostra che la balbuzie è influenzata dai nostri geni”.
Una ricerca durata 20 anniBelow e la sua collaboratrice Shelly Jo Kraft, docente di Patologia del Linguaggio e Audiologia presso la Wayne State University e coautrice dell'articolo, hanno cominciato a esplorare la genetica della balbuzie più di vent'anni fa, raccogliendo campioni di sangue e saliva di oltre 1.800 persone balbuzienti nell'ambito dell'International Stuttering Project. Ma il progetto non aveva un numero sufficiente di partecipanti per uno studio di associazione genomica su larga scala. Poi la collaborazione con 23andMe, che nel suo questionario per i partecipanti chiedeva anche se avessero mai balbettato, ha cambiato improvvisamente lo scenario. È stato infatti possibile confrontare i genomi di quasi cento mila casi di persone che avevano risposto “si” alla domanda sulla balbuzie con quelli di oltre un milione di controlli (che avevano risposto “no”).
I 48 geni e il modello per predire il rischioSono stati così identificati 48 geni associati al rischio di balbuzie (e 57 loci, cioè i “luoghi” sui cromosomi in cui si trovano i geni), con differenze importanti tra maschi e femmine. Queste informazioni hanno permesso di costruire delle scale di rischio poligenico (con un punteggio) che sono state poi applicate sia alla coorte dell’International Stuttering Project sia ad una seconda coorte. Ebbene, la scala derivata dalla genetica dei maschi con balbuzie si è dimostrata in grado di predire questa condizione sia nei maschi che nelle femmine in entrambe le coorti (a differenza della scala derivata dalla genetica delle femmine).
In particolare, sembra che il gene VRK2 abbia un ruolo chiave: lo stesso che è anche stato associato alla capacità di battere le mani a ritmo e al declino del linguaggio nelle persone con malattia di Alzheimer. I risultati forniscono le basi per ulteriori ricerche sulla diagnosi precoce e su nuovi approcci terapeutici, anche legati al sesso, e i ricercatori sperano che possano servire anche per superare lo stigma associato alla balbuzie.
Superare le diffidenze verso gli esami geneticiPer Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani, la ricerca genetica rappresenta una delle frontiere più interessanti per comprendere e trattare in modo più efficace i disturbi primari del linguaggio: “Alterazioni dei cromosomi sessuali, sbilanciamenti genomici o varianti geniche sono alla base di alcuni fenotipi clinici - dice - Molti di questi geni sono in condivisione con altri disturbi del neurosviluppo, come GRIN2A, associato all’epilessia. Si tratta di un campo promettente, che potrebbe condurre in futuro allo sviluppo di terapie sempre più mirate. Per questo è importante superare le reticenze che ancora esistono nei confronti degli esami genetici, soprattutto nei casi più gravi o persistenti, con disturbi misti e comorbidità multiple”.
Se si sospetta un disturbo del linguaggio, ricorda Rossetto, il primo passo è contattare i servizi territoriali di Neuropsichiatria infantile, dove i bambini verranno accolti da équipe specializzate che aiuteranno a definire il profilo del funzionamento del piccolo e daranno indicazioni sui percorsi riabilitativi più idonei.
repubblica