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Mora, la detective che batte la tecnologia nel nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni

Mora, la detective che batte la tecnologia nel nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni

È la protagonista che ama di più. L’unica, ha confessato, con cui uscirebbe volentieri a cena. Maurizio de Giovanni racconta una nuova storia di Sara Morozzi, per tutti Mora, nel nuovo romanzo, Il pappagallo muto (Rizzoli) settimo capitolo della saga dedicata all’ex agente segreto in pensione richiamata in servizio per un incarico che solo la “donna invisibile” può portare a termine.

Potrebbe sembrare una qualsiasi nonna al parco con il nipotino quella che incontriamo nelle prime pagine del, seduta su una panchina vicino ai bambini che giocano, e «a uno sguardo superficiale ne aveva la parvenza: esile, minuta, una straordinaria attitudine a rendersi invisibile; i capelli grigi, niente trucco, vestiti comodi, scarpe basse. E bassi gli occhi, giacché colore ed espressione erano troppo notevoli per essere dimenticabili. Sara era una nonna anonima». E invece capiamo subito che con l’avanzare dell’età non ha perso affatto «quella strana, assurda facoltà di saper vedere quello che non si vede, di saper tirare le linee che uniscono i punti». Facoltà che l’ha resa la migliore agente sulla piazza, insieme all’amico e collega di una vita Andrea Catapano, per il quale la perdita della vista si è rivelata l’occasione per affinare gli altri, di sensi, sino al limite del soprannaturale, trasformandolo in una leggenda dell’intelligence.

Sono loro, Sara e Andrea, di nuovo insieme a svolgere anche questa volta un’indagine pericolosissima e dall’esito incerto, che tiene chi legge con il fiato sospeso, la loro vita appesa a un filo e un unico indizio su cui scommettere: seguire il pappagallo muto. Anche in questa storia, con Sara e Andrea, tornano i personaggi che de Giovanni ci ha fatto conoscere. Prima tra tutti Teresa, la Bionda. Che con Mora forma da sempre una coppia di «gemelle molto eterozigoti«. «Noi due, insieme sempre e comunque, noi due con le idee lontane, noi due che io mai un filo di trucco e tu che sembri la maschera di Nefertiti»: non potrebbero esserci parole più chiare e dirette di queste (pronunciate ancora una volta da Sara) per inquadrare il rapporto che le lega.

Sorelle del resto era il titolo precedente della saga, dove Teresa svolge un ruolo da coprotagonista. Mora e Bionda che, per chi non ha letto i libri ma magari si è imbattuto nella serie che ha debuttato su Netflix in questi giorni – Sara. La donna nell’ombra, sei episodi tratti dai romanzi dello scrittore napoletano –, sullo schermo hanno i volti di Teresa Saponangelo e Claudia Gerini.

Accanto, o più spesso in contrapposizione alle due donne, negli ultimi episodi della saga è comparsa anche un’altra figura femminile: Bianco, la nuova leva dei Servizi segreti. Ma anche lei stavolta dovrà convenire che, quando i sistemi più innovativi vengono neutralizzati, come avviene in questa indagine, bisogna affidarsi al “superpotere” della donna invisibile, l’unica in grado di leggere il labiale di chiunque anche a distanza. Smorfie, espressioni del viso, posture e gesti compongono i segni di un alfabeto che solo gli occhi di Sara sanno decifrare. Ed è a lei che Bianco, suo malgrado, anche questa volta deve ricorrere. Proprio la fallibilità della tecnologia di ultima generazione, alla quale viene preferito il “fattore umano”, è uno dei temi – attualissimi – intorno a cui ruota il libro. Il progresso tecnologico davvero azzera le abilità umane, o dobbiamo cominciare ad avere più fiducia in noi stessi, cari vecchi, imperfetti e fragili esseri umani?.

Il libro

Il pappagallo muto di Maurizio de Giovanni (Rizzoli, pagg. 252, euro 19)

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