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La morbidezza dell’ incontro secondo Giorgio Armani, nuova gentilezza per Prada

La morbidezza dell’ incontro secondo Giorgio Armani, nuova gentilezza per Prada

La breve tornata milanese della moda maschile si è chiusa ieri all’insegna di una leggerezza che non è stolida evasione - i tempi plumbei impongono occhio vivo e consapevolezza - ma rinuncia alle forzature così come ai toni garruli e imperiosi. La morbidezza è da sempre il mantra stilistico di Giorgio Armani, che seppur non presente fisicamente alla sfilata, aleggia su tutto con il suo convincimento che soft - nei modi e nelle costruzioni - sia la sola via possibile. La distanza da intoppo diventa nuova opportunità: guardando da un diverso punto di fuga, agendo attraverso la sensibilità del fido e capace Leo Dell’Orco, Armani si libera delle sue personali sovrastrutture apparendo particolarmente ineffabile e tempestivo.

La collezione esprime una ricerca di armonia che sutura città e vacanza, Africa e Milano, usando l’orizzonte di Pantelleria - luogo del cuore - come linea porosa di confine. Tutto è leggerissimo, volante, concreto, con proporzioni nuove e facili per le giacche che si allargano e abbreviano o che si allungano come camicie con tanto di polsini. «Ho voluto esplorare ancora una volta un tema a me sempre caro: la combinazione di riferimenti e culture, l’idea della moda che trova armonia tra cose in apparenza dissonanti, unendole in un segno di stile chiaro e leggero», spiega Armani a mezzo comunicato.

«La cosa più importante per noi era cercare un cambio di tono: da aggressivo e potente a gentile, calmo, umano», dice Miuccia Prada esprimendo il sentire suo e di Raf Simons, co-direttore creativo, alla fine della sfilata Prada. Tutto è nudo: il set non esiste proprio, sicché lo stanzone vuoto del Deposito della Fondazione Prada è vestito solo di enormi tappeti lobati di moquette, astrazioni di fiori tra kindergarten e salle de bain.

Le note di collezione sono ridotte ad una mitragliata di frasi lapidarie, tra le quali spiccano “illimitate combinazioni di elementi/ semplice spensieratezza / luoghi immaginari”. I vestiti, in fine, hanno linee scarne ed essenziali, oppure archetipiche come la tuta di acetato e il soprabito, e tendono sempre decisamente all’infantile, con le camicie lunghe come grembiulini, i pantaloni che si accorciano come pagliaccetti, e il distinguo tra maschile e femminile illanguidito in posizione prepuberale.

Il desiderio di andare controcorrente, di evitare le pose competitive è lodevole, ma si traduce ancora una volta in un infantilismo di stile che è in qualche modo contrario all’urgenza iniziale. Sarebbe interessante, nell’idea del cambio di tono, assistere ad un vero scarto di passo, ad una rottura della formula.

ilsole24ore

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