Diego Della Valle: “In un libro i mestieri ‘rinascimentali’ patrimonio universale”

S’intitola Italian Hands il nuovo volume prodotto da Tod’s dedicato ai maestri artigiani ]di ogni genere e da tutta Italia. Ci sono intagliatori del legno e maestri del pesto, pupari, pescatori, scultori. A presentarli sono i mecenati con cui collaborano da anni, mentre gli scatti di Lorenzo Bringheli sono focalizzzati sulle loro mani al lavoro. Un progetto editoriale insolito, e che Diego Della Valle ha voluto fortemente, come spiega lui stesso.

Da cosa nasce il libro?
«Dalla volontà di passare un messaggio non commerciale ma romantico, per raccontare un’idea di stile e qualità italiane molto precisa, e che si respira ovunque nel nostro Paese».
È questa l’Intelligenza Artigianale di cui parla spesso, in opposizione a quella Artificiale?
«In realtà non penso che siano in contrasto. Piuttosto è un modo per raccontare quello in cui crediamo; e per ricordare a tutti, giovani in primis, quanto certi mestieri “rinascimentali” siano preziosi. Purtroppo, c’è ancora chi li considera riduttivi rispetto ad altre professioni, ma non è così. La filiera artigianale è un patrimonio universale che rende il Made in Italy un’eccellenza assoluta. Perderla sarebbe un dramma per tutti e, senza una nuova generazione di artigiani, è esattamente ciò che accadrà. Anche per questo da anni abbiamo una scuola di formazione interna all’azienda, la Bottega dei mestieri, e portiamo avanti un progetto educativo con la regione Marche e altre aziende. L’economia sta attraversando un momento complicato, ma certi lavori hanno un futuro garantito: e quando il mercato ripartirà, dobbiamo essere pronti».

E nel frattempo?
«Le aziende costruite sulla filiera artigianale, come Tod’s, devono sacrificarsi, assorbendo le spese che le piccole imprese non sono più in grado di sostenere. Certo, i bilanci saranno meno rosei, però è così che si supera il momento di difficoltà. Si tratta di aiutare professionisti innamorati della propria arte a cui manca l’ossigeno. Se in Italia siamo capaci di produrre a livelli ineguagliati è grazie a loro: sostenerli è utile per tutti noi».
È difficile oggi lavorare sulla lunga distanza.
«È il modo per andare avanti. Il fatto è che oggi i marchi di moda più importanti sono quotati in Borsa, perciò subiscono pressioni inimmaginabili per puntare a fatturati il più alti possibile. E questo può andare a scapito di una sana progettazione. Lo dico per esperienza: siamo stati quotati per 24 anni; ora che non lo siamo più, possiamo costruire il futuro con la giusta calma».
Nessun timore per i dazi statunitensi annunciati e poi sospesi da Trump?
«Onestamente non ne capisco il senso, se non quello di far pagare di più i cittadini americani. I dazi non sono un termine moderno: l’economia mondiale non può fermarsi a causa loro».
Nel volume mancano proprio i vostri artigiani: ci sono solo due foto, una all’inizio e una alla fine, dedicate alla lavorazione del Gommino. Come mai?
«Il Gommino è la nostra calzatura più famosa e nel tempo è diventata un vero simbolo di lifestyle. È un modello realizzato attraverso tecniche artigianali precise e complesse, volevamo ricordare l’affinità dei gesti necessari a completarlo con quelli dell’universo narrato nel libro. E credo sia indicativa la sua nuova ascesa nel mercato, soprattutto tra i più giovani».
Come se la spiega?
«In realtà non me la spiego, nel senso che oggi. con i social media, un prodotto diventa virale in maniera repentina e inattesa. Però ho notato che, a tornare ciclicamente di tendenza, sono quei pezzi che il pubblico considera icone evergreen. Penso che nei periodi d’incertezza, ci sarà sempre un mercato per chi incarna un ideale stilistico senza tempo, di qualità e durevolezza. I nostri clienti cercano pezzi “di sostanza”, che li soddisfino anche da un punto di vista tattile, e che vadano oltre la stagione. E i ragazzi sono preparatissimi in materia: riconoscono la qualità e la pretendono, che si tratti dell’aperitivo o di un paio di scarpe. Sono più di quarant’anni che da Tod’s lavoriamo secondo questi principi, e che lo raccontiamo. Italian Hands nasce da questa coerenza».
Una strategia che paga?
«Ma certo. I marchi che funzionano meglio da un punto di vista commerciale sono quelli con un’identità forte, che non cedono alle manie temporanee».
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