Rivoluzione Play store: come potrebbe cambiare il negozio di Android con l’accordo Google-Epic Games

Google ed Epic Games hanno raggiunto una mediazione – che dovrà essere approvata da un giudice distrettuale della California del Nord, James Donato - che mette fine a una disputa iniziata nel 2020 e destinata a lasciare un segno profondo nell’ecosistema Android. L’intesa prevede in sostanza che Google renda più semplice l’installazione di store di terze parti su Android attraverso il Play Store, consenta metodi di pagamento alternativi a quelli integrati nel medesimo Play Store e riveda il modello di commissioni applicate agli sviluppatori. Un cambiamento che non resterà confinato agli Stati Uniti: se approvato negli Usa avrà poi effetti globali, con applicazione anche sul mercato europeo e italiano.
Il nodo dei pagamentiNel nuovo scenario prefigurato dalla bozza d’accordo gli sviluppatori potranno distribuire app attraverso canali propri o tramite store concorrenti con maggiore libertà e meno vincoli tecnici. La possibilità di integrare circuiti di pagamento esterni – pur sempre con l’applicazione di una commissione da parte di Google - rompe un meccanismo (anzi, un monopolio relativo proprio al sistema di fatturazione, il Google Play Billing) finora considerato immodificabile, in cui Google imponeva il proprio sistema di pagamento e rendicontazione come passaggio obbligato. Come detto, il colosso continuerà a prevedere una quota di servizio ma non più all’interno di un modello esclusivo e centralizzato.
Il precedente, ancora irrisolto, con AppleQuesta apertura è naturalmente il frutto faticoso di una partita più ampia e sviluppatasi su un fronte uguale e parallelo. Cioè la battaglia legale che Epic aveva avviato anche contro Apple per contestare le commissioni dell’App Store e l’impossibilità di distribuire app e pagamenti al di fuori dei marketplace ufficiali del sistema operativo della Mela morsicata. Negli Stati Uniti la diatriba si è chiusa ormai quattro anni fa a maggior favore di Apple, in Europa, invece, grazie al Digital Markets App, la prospettiva è più favorevole ad Epic – come a tutti gli altri sviluppatori - anche se lo specifico contenzioso con Cupertino è di fatto ancora congelato da anni, con una serie di sporadici colpi di scena pure sul mercato europeo, l’ultimo lo scorso maggio. Anche se pure per Apple il quadro generale è cambiato profondamente grazie alle regole europee. Su Android il risultato sta dunque imboccando una strada differente anche in patria. Non si tratta più solo di un sistema “formalmente aperto” ma di un ecosistema in cui la distribuzione delle app diventerà realmente contendibile. Gli sviluppatori potranno costruire store verticali, i produttori potranno teoricamente pre-installare alternative al Play Store e gli utenti avranno accesso a percorsi d’installazione più flessibili.
Per Google si apre una fase di competizione inedita. Il Play Store dovrà confrontarsi con altri store – scaricabili direttamente dallo stesso Play Store - sulla qualità della ricerca, sulla trasparenza delle politiche di pagamento, sulla capacità di garantire sicurezza e aggiornamenti. C’è come sempre da ricordare che un ecosistema più aperto aumenta di certo le opportunità ma anche rischi e responsabilità: la protezione degli utenti diventa ancor più centrale perché un ambiente meno monolitico richiede controlli più accurati e linee guida chiare per evitare rischi legati a software distribuiti da canali non ufficiali. Nel contesto europeo, questo accordo si inserisce perfettamente nella direzione tracciata dal già citato Digital Markets Act, che impone ai grandi operatori digitali di favorire interoperabilità e concorrenza nei sistemi di distribuzione delle app. L’intesa fra Google ed Epic accelera un cambiamento già in atto: applicazioni più libere, store multipli e un equilibrio diverso tra controllo della piattaforma fino a ieri monopolista almeno di alcune parti di un certo processo e libertà di mercato.
I dettagli della bozzaTornando all’accordo Epic-Google, le novità più succose riguardano soprattutto il sistema delle commissioni e l’apertura alla concorrenza. Le app distribuite tramite il Play Store potranno offrire pagamenti esterni con prezzi differenziati rispetto al billing di Google, che manterrà una commissione di servizio ma secondo una struttura completamente rivista. Le nuove percentuali scendono sensibilmente: fino al 20% per i giochi con acquisti che incidono sulla progressione, al 9% per i titoli con contenuti puramente cosmetici per le app non ludiche e per gli abbonamenti sottoscritti all’interno dell’app, superando di fatto l’impostazione precedente basata sul 30% standard sopra il primo milione di dollari di ricavi. Una percentuale eccellente per Epic Games e per la pletora di acquisti in app di skin balletti e altri oggetti digitali che muove il grosso dei ricavi su Fortnite. Parallelamente debutta un programma di certificazione per store alternativi – bisognerà capire, alla luce dei paletti imposti per esempio da Apple, quanto rigido - che potranno essere installati direttamente dal Play Store con procedure semplificate. Si tratta di cambiamenti destinati a valere in tutto il mondo, Italia inclusa.
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