West Nile, attenzione ai dati reali: non facciamo allarmismo

Diecimila casi stimati in Italia? Davvero? E quanti sono quelli confermati? Quante le persone che si sono ammalate davvero e quanti i decessi attribuiti direttamente al virus? Siamo davanti a un’emergenza sanitaria reale o a un’ondata di panico costruita su numeri ipotetici e allarmismi mal gestiti? Il virus West Nile è tornato a far parlare di sé, complice una stagione calda e l’allerta lanciata dalle autorità sanitarie. Ma la narrazione che sta prendendo piede rischia di distorcere la realtà. Le stime diffuse da alcuni esperti parlano di almeno 10.000 infezioni, ma i decessi confermati dall’inizio dell’anno sono otto. Intanto, cresce il senso di allarme nell’opinione pubblica, complice una comunicazione poco chiara e a tratti contraddittoria.
Il dato delle 10mila infezioni: stima o sensazionalismo?A lanciare il numero è Federico Gobbi, direttore Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia dell'Irccs Ospedale Sacrocuore Don Calabria Negrar che ha dichiarato all’Ansa: “E’ possibile stimare la presenza di almeno 10mila infezioni da virus West Nile, la maggior parte asintomatiche". Il calcolo è effettuato sulla base del numero attuale di decessi registrati nel 2025. Le infezioni, avverte l'esperto, "potrebbero aumentare ma è difficile ipotizzare come andrà, perché questo virus è imprevedibile sia in relazione al target di persone che verrà colpito sia all'andamento”. Dunque, si tratta di una proiezione, non di un dato ufficiale, basata su modelli statistici e sul numero attuale di decessi.
Perché non è possibile fare previsioniUn approccio che rischia di essere frainteso dal grande pubblico e rilanciato dai media senza contesto. “E’ un dato che non sta in piedi: non è chiaro se si riferisce ai casi nel mondo, ma certo non in Italia”, commenta Massimo Ciccozzi, professore di Epidemiologia e Statistica medica al Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma, che con il suo gruppo di ricerca GABIE (acronimo di Genomics, Artificial Intelligence, Bioinformatics, Infectious diseases and Epidemiology), ha recentemente completato uno studio originale sulla trasmissione del West Nile Virus (WNV) in Italia. “È assurdo anche solo pensarlo - spiega l’epidemiologo - perché il meccanismo di trasmissione non è diretto né lineare: il ciclo del virus passa dagli uccelli selvatici – ospiti naturali – alle zanzare del genere Culex, che solo occasionalmente pungono l’uomo, o i cavalli, che sono ospiti terminali, ovvero non in grado di propagare ulteriormente il virus”.
Cosa ci dicono davvero i numeriAd oggi, parlare di decine di migliaia di infezioni non è realistico. “Non possiamo sapere quante zanzare pungeranno l’uomo, né quanti si ammaleranno davvero. È impossibile fare un calcolo del genere”, sottolinea Ciccozzi. I numeri ufficiali raccontano tutt’altra storia: nel 2022 ci sono stati 588 casi confermati (con 37 decessi), nel 2023 sono stati 332 (con 27 decessi) e l’anno scorso 460 (20 morti). Ad oggi abbiamo 58 casi totali, erano 38 a luglio del 2024.
Non tutte le zanzare sono infette (e il rischio resta limitato)Infine, un altro punto cruciale: non tutte le zanzare sono portatrici del virus. “Solo una percentuale minima del genere Culex risulta infetta e solo in specifiche condizioni ambientali. L’attenzione deve rimanere alta, certo, ma il quadro attuale suggerisce che il panico è ingiustificato e che occorre riportare la comunicazione sanitaria su binari più solidi, basati su dati verificati e proporzionati al rischio reale”, chiarisce l’epidemiologo.
No allarmi, ma serve responsabilità individualeInvita alla prudenza anche Emanuele Nicastri, Direttore Uoc Malattie Infettive ad Alta Intensità di Cura, Inmi Spallanzani di Roma. “Se guardiamo agli scenari epidemiologici precedenti, sappiamo che per ogni caso di forma neuroinvasiva di West Nile ci sono circa 150 persone infette senza sintomi o con sintomi lievi. Questa stagione non appare diversa dalle precedenti. L’unico vero cambiamento riguarda la distribuzione geografica dei casi, che si sta spostando al Centro-Sud rispetto al passato”.
Ci sarà un picco dopo Ferragosto?In queste ore si parla anche di un possibile picco di casi dopo Ferragosto. È verosimile? “L’aumento ad agosto è atteso come ogni anno ma potrebbe essere inferiore al previsto, anche grazie alla maggiore intensificazione delle disinfestazioni da parte dei Comuni”, risponde Ciccozzi. Secondo Nicastri, l’evoluzione dei casi dipende molto anche dalle condizioni ambientali: “In agosto, le piogge estive possono creare nuovi ristagni d’acqua e quindi aumentare la presenza di zanzare. Ma non tutte le zanzare sono infette, e non è detto che il numero dei casi cresca esponenzialmente. Anzi, le disinfestazioni in corso specie quelle larvicide, promosse dalla regione Lazio, potrebbero ridurre la diffusione rispetto ad anni passati”. Il messaggio finale è chiaro: “Non c’è motivo di allarmarsi, anche perché una persona infetta non rappresenta un pericolo per gli altri. Ecco perché la sorveglianza si concentra solo sui casi più gravi, cioè quelli neuroinvasivi”.
Dal Delta del Po a Lazio e Campania: il ruolo degli uccelli migratoriLe prime segnalazioni di West Nile in Italia arrivavano anni fa dalla zona del Delta del Po, punto di sosta degli uccelli migratori provenienti da Portogallo, Spagna e Francia. “Qui le zanzare si infettavano pungendo gli uccelli”, prosegue Ciccozzi. “Col tempo, le rotte migratorie si sono modificate, spostando progressivamente la presenza del virus verso la Toscana e il Lazio. Anche i cambiamenti climatici hanno inciso, influenzando abitudini degli uccelli e densità di zanzare in nuove aree”.
Tasso di infezione dell’1% in Veneto e FriuliIn effetti, quest’anno il virus West Nile sta circolando in forma moderata nelle zanzare in Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Dalle prime analisi effettuate dal Laboratorio di entomologia sanitaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, ad oggi risultano 12 pool di zanzare positivi su 1.233 analizzati (70.363 zanzare). Il tasso di infezione è dell’1%. Secondo Fabrizio Montarsi, responsabile del Laboratorio di entomologia sanitaria e patogeni trasmessi da vettori “possiamo attenderci un aumento del numero di positività nelle prossime settimane. Il clima più caldo favorisce l’allungamento del ciclo vitale degli insetti, il periodo di attività delle zanzare va da maggio fino a fine ottobre”.
Perché il litorale laziale è così colpitoIntanto, il virus si è spostato più a Sud, ma perché le zone del litorale laziale e campano risultano così colpite? “Zone come Sabaudia e il Circeo risultano particolarmente esposte per motivi ambientali”, risponde Ciccozzi. “Si tratta di aree ex-paludose, bonificate ma soggette a ristagni d’acqua ogni volta che piove. Il territorio, tranne la montagna del Circeo, è completamente pianeggiante e connesso geograficamente alla Campania, dove si registrano altri casi. Le zanzare trovano terreno fertile per riprodursi in ambienti come campi irrigati, pozzanghere stagnanti e zone agricole. Alcune specie di uccelli stanziali, come cornacchie e passeriformi, possono contribuire alla diffusione del virus tra le zanzare”.
L’andamento ciclico della West NileUn secondo aspetto da considerare è l’andamento ciclico della West Nile. “Sappiamo che la West Nile registra dei picchi in media ogni 4-5 anni, come è stato nel 2018 e poi nel 2022 – afferma Montarsi. Il caldo è certamente un fattore da tenere in considerazione per comprendere questo fenomeno, ma non l’unico. Ad oggi non conosciamo con precisione le cause di questa periodicità, potrebbe dipendere da dinamiche ecologiche legate al clima, come anche da caratteristiche immunologiche delle specie serbatoio. Serviranno ulteriori studi scientifici per approfondire questi aspetti e migliorare la nostra capacità di risposta”.
I sintomi? Per l’80% delle persone non ce ne sonoMa torniamo all’allarmismo: ha senso creare tanta attenzione e ansia? “L’80% dei pazienti - spiega Nicastri - non presenta sintomi. Un altro 20% manifesta disturbi lievi, come febbricola, rash cutaneo, diarrea o malessere generale. Solo una piccola minoranza – meno dell’1% – sviluppa forme neurologiche gravi come meningiti ed encefaliti. Sono questi i casi che vengono ricoverati, generalmente anziani o soggetti fragili con sintomi come febbre, confusione mentale, disorientamento spazio-temporale”. Nei giovani adulti e nei bambini, invece, si tratta di un’infezione banale, spesso confusa con una sindrome influenzale estiva.
Come si intervieneAnche se esiste un test per diagnosticare l’infezione, non cambia la gestione clinica, visto che non c’è una cura specifica. “Nei casi paucisintomatici, il valore della diagnosi è puramente epidemiologico: serve a monitorare la circolazione del virus sul territorio, non a definire un protocollo profilattico né terapeutico”, chiarisce l’infettivologo dello Spallanzani che spiega come, sul piano clinico, nella stragrande maggioranza dei casi, l’infezione da West Nile non richieda cure né isolamento: “Il virus non si trasmette da uomo a uomo, quindi non c’è alcun pericolo di contagio diretto. E nella maggior parte dei casi, la malattia regredisce spontaneamente. Purtroppo, non abbiamo una profilassi o terapia farmacologica efficace contro il West Nile virus”.
Il virus resta imprevedibile, ma serve responsabilitàIl West Nile è un virus stagionale e imprevedibile, lo confermano gli esperti. Ma la cattiva informazione – quella che mescola stime con dati reali, che lancia titoli allarmistici senza spiegazioni – può essere più dannosa del virus stesso. “Ciò che è richiesto a ciascuno di noi – dichiara Nicastri – è una responsabilità individuale nella gestione dell’acqua stagnante per contrastare la proliferazione delle zanzare ed evitare di essere punti. Questo significa adottare misure di barriera, come indossare indumenti lunghi e coprenti fino a polsi e caviglie, usare repellenti a partire dal tramonto e fino all’alba, e gestire correttamente i microdepositi di acqua nei giardini, balconi e spazi esterni”.
Attenzione ai sistemi di irrigazione sui balconiNon si tratta solo di svuotare sottovasi ed evitare ristagni d’acqua. “Se si possiedono fontane o stagni, è importante usare larvicidi biologici, come il Bacillus thuringiensis, un batterio che si nutre delle larve di zanzara ed è compatibile con l’ambiente”, prosegue Nicastri. E in questi giorni in cui molti italiani partono per le vacanze estive, gli esperti invitano alla prudenza per la gestione delle piante sui balconi: “Attenzione all’uso degli irrigatori automatici che possono creare depositi d’acqua nelle piante se i vasi non sono tutti della stessa portata per cui quelli più piccoli si allagano creando pericolosi ristagni d’acqua: se non si può fare diversamente, si possono mettere degli stracci che assorbono l’acqua in eccesso nei sottovasi”, suggerisce Ciccozzi.
La Repubblica