Farmaci innovativi: Aceti (Salutequità): «Bene l’Aifa ma attenti a non discriminare i pazienti»

«Bene l’attenzione alle malattie rare. Benissimo la valutazione del miglioramento che un nuovo farmaco candidato per il bollino di innovatività può apportare anche sotto il profilo della qualità di vita dei malati. Bene, ancora, la considerazione dell’esperienza fatta dal paziente nell’assunzione di una terapia. Bene l’inclusione nel Fondo farmaci innovativi degli antibiotici “reserve” a tutela della salute di persone esposte al rischio di antimicrobico-resistenza. Sotto questi quattro profili la determina Aifa sui nuovi criteri di innovatività dei farmaci è sicuramente apprezzabile. Peccato che il documento sia gravato da un “peccato originale”: quello impresso dall’ultima legge di Bilancio, che indicava binari stretti a cui l’Aifa si è dovuta attenere ma che mettono a rischio il criterio di uguaglianza nell’accesso alle cure».
Così il presidente di Salutequità Tonino Aceti passa al setaccio i nuovi criteri che a luglio l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha messo nero su bianco, pubblicando la nuova determina sullo status di innovatività dei farmaci. Un provvedimento che garantisce ai medicinali selezionati la immediata rimborsabilità tramite inserimento automatico nei prontuari regionali (quindi stop alle attese e alle diverse tempistiche tra i territori) nonché l’accesso al Fondo farmaci innovativi per un totale di 1,3 miliardi. Di cui 100 milioni, da quest’anno, destinati agli antibiotici “reserve”.
Entriamo nel dettaglio: cosa manca?Nella legge di Bilancio per il 2025 si dice chiaramente che le risorse per il Fondo farmaci innovativi sono limitate alle malattie gravi a medio o basso impatto epidemiologico. Cioè introduce una vera e propria discriminazione, un’iniquità di trattamento tra patologie e questo è inaccettabile. La determina non poteva che allinearsi alla legge ma l’impatto è grave. Basti pensare a grandi patologie molto diffuse, da quelle cardiovascolari ai tumori fino all’Alzheimer che è ormai una vera e propria emergenza: i farmaci per queste malattie sono tagliati fuori dalla possibilità di accedere al Fondo innovativi. Questo è un fatto gravissimo che lede il principio di uguaglianza, costituzionalmente garantito. Parliamo di uguaglianza tra cittadini, tra pazienti e tra condizioni patologiche. L’accesso all’innovazione farmaceutica non può essere subordinato alla diffusione di una patologia: se c’è innovazione farmaceutica, questa va sostenuta per tutti i pazienti e per tutte le patologie. Mentre alla base di questa enorme svista, che origina nella manovra per il 2025 e poi riflessa nella determina Aifa, c’è un grande fraintendimento.
Quale?Il presupposto sbagliato è che il Fondo farmaci innovativi sia un meccanismo volto a creare incentivi alle imprese e quindi al mercato. Ma non è così: la normativa che lo ha istituito mirava a supportare le regioni nell’acquisto di questi farmaci, in un’ottica di sostenibilità. Far sì che questo meccanismo “giri” soltanto sulle malattie a media e bassa diffusione significa relegare il sostegno a un target specifico, escludendo una grande massa di pazienti. A questo punto, tanto varrebbe esplicitare chiaramente che il Fondo è riservato alle malattie rare. Di fatto con questa nuova determina è stato ridefinito il perimetro dei livelli essenziali di innovazione tecnologica che il Servizio sanitario nazionale garantisce ai pazienti.
Quindi, cosa proporre?Questa stortura va risolta nella prossima legge di Bilancio: in manovra auspichiamo una revisione della discriminazione nell’accesso al Fondo per impatto epidemiologico. L’innovazione tecnologica ha un suo valore sia che si tratti di malattie rare sia di patologie più comuni. Oggi invece ci troviamo davanti al rischio concreto di disincentivare il sistema delle imprese nello sviluppare terapie dirompenti per malattie con ampia platea: con la conseguenza di minori chance di cura. Abbiamo apprezzato molto lo sforzo evidente di Aifa per smussare questa anomalia, ma l’Agenzia non poteva cancellare il criterio imposto per legge. Non a caso il richiamo alla malattia di Alzheimer, ad alta diffusione, è stato eliminato nel testo finale della determina.
ilsole24ore