Zuppi e Ligabue al Salone del libro: “Io Papa? Avrei fatto come nel film di Nanni Moretti”

Torino, 16 maggio 2025 – “Se fossi stato il nuovo Papa? Avrei fatto come nel film di Nanni Moretti. Dopo l’Habemus Papam mi sarei affacciato al balcone e davanti a tanta gente l'avrei richiuso e avrei detto ‘non ce la faccio’”.
Scherza il cardinale Matteo Zuppi che questa mattina al Salone del libro di Torino, ha partecipato all’evento ‘Le Storie, la Storia. Dall’io al noi’ insieme a Luciano Ligabue arrivato a Torino per presentare il suo libro (‘Un storia’).
"Vedere tanta gente in piazza San Pietro – sorride il presidente della Cei – che aspettava l'annuncio è stato davvero commovente, c'era attesa, tanta gioia, tanto desiderio. Avevo un groppo in gola”. E questo è solo uno degli aneddoti raccontati dal cardinale che non si tira indietro nemmeno alla domanda sul ‘fantapapa’ vinto durante il Conclave. “Mi sono accorto del fantapapa e ho avuto uno scatto di stima per i miei tifosi", commenta l’Arcivescovo di Bologna.
Ma cosa accomuna un artista come Luciano Ligabue che, solo parlando in numeri, ha messo insieme 26 album, 7 libri, 900 concerti e che il 23 luglio compirà anche 20 anni di carriera e il cardinale Zuppi? Un concetto. Quel ‘Metti in circolo l’amore’ che è diventato il titolo di una canzone del Liga e che rappresenta il ‘segreto della felicità’ per il cardinale Zuppi.
“Basta mettere in circolo - spiega l’arcivescovo di Bologna - solo così si relativizza il proprio io. Luciano ha citato Sant'Agostino, che dice 'Chi canta prega due volte'. Il raddoppio è quel di più che supera anche quello che tu stesso non sai dire. La musica mette un di più anche al testo stesso”.
"La vera soluzione - ribadisce il cardinale Zuppi – è capire che siamo in un circolo e che mettere in circolo vuol dire donare e ricevere. Possedere fa male all'io, che non si pensa più con gli altri. Conviene mettere in circolo l'amore".
Lo sa bene anche Ligabue che, per vincere la sua timidezza sul palco, ha confessato di essersi aperto completamente al suo pubblico. "Quando qualcuno si tatua una tua frase, che è un simbolo per la vita, capisci che devi fare sul serio e decidi di supportare chi sta attraversando un momento difficile. Mi hanno dato fiducia ed io mi sono aperto, racconto di me tutto quello che posso. C'è un patto tra me e loro".
Ligabue è fiero della sua vita e lo ha scritto anche in una canzone: "Non cambierai questa vita con nessun'altra. La società tende a dirti quello che manca, io ho avuto spudoratezza per dire invece che ogni vita è unica e irripetibile".
Le storie, spiega Ligabue, ci fanno ficcare il naso nelle vite che non vivremo. E a questo punto che Ligabue rivela il titolo del libro che lo ha segnato e cioè ‘Delitto e castigo’ perché sul senso di colpa sono espertissimo", sorride. Mentre a segnare la vita di Zuppi è stato piuttosto un periodo: l'adolescenza.
“Facevo due cose che mi piacevano - racconta - andavo in una borgata fuori Roma, perché negli anni '60 c'erano 5.000 persone che vivevano nelle baracche. Era il terzo mondo sotto casa. Quel percorso mi ha segnato molto, perché era un mondo che ti interroga, non pensavi che esistesse e mi ha fatto capire la vita". Poi c’era la preghiera, altra cosa che piaceva al cardinale. “Mi attraeva una dimensione spirituale - conclude il presidente della Cei -. Il vangelo è una storia. Abbiamo lo spirituale che si rivela nell'umano e ci aiuta a capire quello che non sapremo riconoscere. Per capire l'invisibile bisogna vedere col cuore. Una storia che continua con le nostre storie".
İl Resto Del Carlino