Un capolavoro di guerra nato in un manga per adolescenti


Ceneri, nient'altro che belle ceneri. Quando, dopo la cremazione di sua madre, morta nel 1966 a Hiroshima, Keiji Nakazawa notò che non c'erano più ossa di Kimiyo da mettere nell'urna funeraria, come voleva la tradizione, si infuriò per quella che considerava una conseguenza delle radiazioni. "Ero furioso perché la bomba aveva portato via persino le ossa di mia madre. Durante tutto il viaggio in treno verso Tokyo, non riuscivo a smettere di pensarci", raccontò il mangaka al Comics Journal nel 2003.
Avrebbe disegnato questa scena sei anni dopo, in Ore wa mita ("L'ho visto"), un breve manga in cui Keiji Nakazawa racconta, per la prima volta, la sua esperienza di sopravvissuto alla bomba atomica che colpì Hiroshima il 6 agosto 1945. Pochi giorni dopo l'esplosione, con il fratello maggiore Yasuto, lui, a soli 6 anni, perlustrò le macerie della loro casa per trovare i resti scheletrici del padre, della sorella e del fratello minore. Portarono i teschi alla madre, Kimiyo, affinché potesse piangere la scomparsa. Il suo controfigura di carta, Barefoot Gen, l'eponimo del manga semi-autobiografico che lo rese famoso, compie lo stesso processo per la madre nel volume 2.
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Le Monde