La maschera di Topeng o il mediatore dell'unità perduta

Ma cos'è questo ghigno? Con tutti i denti scoperti, la fronte e gli occhi rugosi, pelosi, ispidi, la creatura sta ruttando, è posseduta da una risata folle e, si spera, liberatoria? La maschera è quella di Sida Karya, letteralmente "colui che finisce l'opera", nel topeng, una delle forme di teatro-danza balinese, quella che collega al massimo grado rituale e vita quotidiana. È al centro dell'intero sistema di rappresentazioni balinese ed esemplifica il ruolo che le maschere svolgono ancora oggi, dove il topeng è un'arte ancora viva.
Risalente al XVII secolo, questo teatro mascherato, musicale e danzato, che alterna danza sacra e pièce profano, spazia dalla raffinatezza più sottile a caricature della vita quotidiana spinte fino all'assurdo, offrendo di conseguenza maschere di una varietà favolosa. "La maschera è uno strumento indispensabile in questo teatro per le sue origini rituali ", spiega Kati Basset, etnomusicologa e specialista del teatro balinese. Quando non si tratta di puro intrattenimento, il topeng deve essere eseguito da attori-danzatori iniziati, perché l'ultimo personaggio mascherato, quello che chiude la cerimonia, il Sida Karya, è un officiante. E poiché gli iniziati non sono necessariamente molto numerosi e il topeng è eseguito solo da uomini, la maschera permette di passare da un personaggio, o meglio da un archetipo, all'altro.
Le maschere sono quindi molto diverse e codificate secondo gli archetipi ancestrali raffigurati dal topeng, in questo caso la gerarchia feudale. Maschera del re, Dalem, liscia, bianca e chiusa. Maschere del principe raffinato o folle, della principessa lacrimosa o civettuola e gelosa, della regina strega, del ministro severo o saggio... anch'esse chiuse, ma già meno idealizzate di quella del re. Maschere dei servi, che coprono solo metà del viso, per consentire la parola, essenziale per questi personaggi intercessori, e che non mancano di evocare quelle della commedia dell'arte. E maschere di Bondres, il popolo, che lasciano spazio a tutte le libertà e fantasie. "Rappresentano tutte un difetto, una imperfezione o un handicap. C'è l'ipocondriaco, la civetta pazza, il pigro, il balbuziente... Potete immaginarne quante ne volete, e i balinesi hanno persino inventato il turista, con un grande naso bianco", ride Kati Basset.
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Le Monde